«Non da oggi – scriveva Secchia - la stampa è un potente strumento di cui si serve la classe dominante per mantenere la sua dittatura. Il grande capitale non domina solo con le banche, i monopoli, il potere finanziario, il tribunale e la polizia, ma con i mezzi quasi illimitati della sua propaganda e della corruzione ideologica [...] Vi fu un’epoca, agli inizi dell’età moderna, fino alle rivoluzioni del secolo XVIII in cui, come ebbe a scrivere Lenin, la lotta per la libertà di stampa ebbe la sua grandezza perché era la parola d’ordine della democrazia progressiva in lotta contro le monarchie assolute, il feudalesimo e la Chiesa. Ma nella fase di decadenza del capitalismo la stampa conservatrice e reazionaria ha perduto ogni senso morale e ogni pudore. Il giornalismo al servizio dei gruppi imperialisti è una forma corrente di prostituzione. Il capitalismo in putrefazione ha bisogno per reggersi di mentire continuamente. La realtà lo accusa: dunque dev’essere falsificata. La fabbrica della menzogna è diventata arte, tecnica, norma di vita»

Resistendo, i prigionieri palestinesi rafforzano la lotta per la liberazione

Lo sciopero della fame dei prigionieri politici palestinesi ha raggiunto il suo primo mese e dovrebbe continuare  a mobilitare il supporto e l’azione internazionale. La lotta dei Palestinesi incarcerati da Israele – attualmente oltre 6300 tra uomini, donne e bambini – è urgente e essenziale nella causa della Palestina per la fine dell’occupazione israeliana e per la liberazione nazionale, e tutti i sostenitori di giustizia e pace devono parteciparvi.


Resistendo, i prigionieri palestinesi rafforzano la lotta per la liberazione

di Socorro Gomes*

Oltre 1500 palestinesi imprigionati da Israele stanno conducendo uno sciopero della fame dal 17 Aprile (giornata dei prigionieri Palestinesi) per denunciare al mondo le terribili e degradanti condizioni della loro incarcerazione. Riaffermano così la loro determinazione nella loro lotta sia per la dignità o il rispetto per i loro diritti umani nelle  celle di un criminale regime di occupazione militare, sia per la realizzazione della liberazione nazionale.

Imprigionare i Palestinesi è una delle armi più espressive dello Stato di Israele. Dalla sua creazione, usa il terrore e repressione senza limiti come metodi per garantire incursioni criminali nella terra palestinese. Approssimativamente il 70% delle famiglie palestinesi hanno già avuto un membro in prigione con l’accusa di resistenza all’occupazione. Oltre 6300 persone sono attualmente incarcerate, secondo l’associazione Addameer, 300 sono bambini e 13 sono parlamentari. Le autorità Sioniste non si vergognano di violare palesemente la legge Umanitaria Internazionale o i diritti umani per mantenere la loro politica di imprigionamento di massa con l’obiettivo di indebolire il popolo palestinese.

L’incarcerazione dei bambini,  accusandoli di lanciare pietre contro mezzi blindati e soldati armati di fucili M16, continua giornalmente sotto gli occhi comprensivi della cosiddetta comunità internazionale,  così come le detenzioni senza accuse basate su informazioni ritenute segrete, che possono prolungarsi quanto gli invasori vogliono, la cosiddetta detenzione amministrativa che oggi trattiene 500 persone.

Nel tentativo di indebolire gli uomini e le donne palestinesi e il loro movimento di liberazione, che è diventato sinonimo di coraggio e resistenza, il regime di Israele e ha già imprigionato oltre 800.000 persone, contando sulla complicità collettiva della più aggressiva potenza di tutti i tempi: gli U.S. A. Eppure l’occupazione Sionista ha fallito in tutti i suoi tentativi .

La solidarietà e il supporto per la giusta causa del popolo Palestinese sono aumentati in tutto il mondo. Tuttavia, non è sufficiente per assicurare il rispetto pieno delle risoluzioni delle Nazioni Unite  e  l’esistenza dello Stato di Palestina, a partire dalla ripartizione proposta settanta anni fa, attraverso la risoluzione 181 dell’Assemblea Generale .

I Palestinesi hanno la storica coscienza che l’unica possibilità di liberare il loro Stato e vederlo riconosciuto sarà il risultato prevalentemente  dalla lotta, unitamente alla solidarietà dei popoli del mondo intero
Pertanto, i Palestinesi sono puniti da Israele con arresti arbitrari, torture, deportazioni forzate, la brutalità della repressione, la demolizione delle loro case, devastazione o  espropriazione della loro terra, esecuzioni, apartheid, genocidio,  esilio e persecuzione.
La successione di guerre, aggressioni e l’ invasione dei loro territori da parte di Israele, con le loro terre espropriate e i loro proprietari espulsi, o uccisi se resistono, hanno permesso a Israele di estendere i loro artigli e confini. Il territorio palestinese rimanente è stato occupato, frantumato e usurpato dai colonizzatori israeliani e militarizzato. Questa è una disgrazia.

In completo disprezzo delle risoluzioni dell’ONU, lo stato sionista inoltre impedisce  ai palestinesi l’accesso a sorgenti d’acqua, zone di pesca e terreni agricoli, in una malvagia politica che nega loro le minime condizioni materiali per poter sopravvivere. Con questa  politica criminale, Israele ha già usurpato una notevole parte  del territorio destinato ai palestinesi nel piano di ripartizione delle Nazioni Unite.

Per reprimere la resistenza, le autorità israeliane perpetrano tutte le forme di crimini e violazioni, anche contro la loro stessa gente. Con i loro metodi imperialisti, convertono i giovani soldati israeliani in crudeli criminali  per i quali i bambini Palestinesi devono morire, oppure a perseguitare un parte significativa della loro stessa popolazione che si oppone all’infamia dell’occupazione
L’ampiezza e l’urgenza del sostegno e della solidarietà è vitale nella costruzione di un’ampia coalizione per una immedita risposta e assicurazione che vengano garantiti i diritti dei prigionieri politici, dell’attuazione delle risoluzioni dell’ONU e dello stato palestinese, con i suoi confini demarcati come prima dell’occupazione militare del 1967 e Gerusalemme Est come sua capitale.

Il Consiglio Mondiale della Pace (WPC), nella sua ultima assemblea, nel novembre 2016, ha definito come prioritario il supporto alla lotta del popolo palestinese per il proprio libero Stato,  di cui lo sciopero della fame dei Palestinesi manifesta un’altra forma di resistenza che non può   essere vinta.
La resistenza è l’unica alternativa alla scomparsa  del popolo palestinese. Senza contare su Forze Armate  (Marina Militare, Forza Aerea o Esercito), i Palestinesi resistono contro la forza militare più forte al mondo in termini tecnologici, mostrando la propria dignità e un ineguagliabile forza morale di fronte all’asimmetria di una realtà imposta da un regime militare, colonialista e criminale.

È inaccettabile che l’impunità di una potenza che impone un regime di apartheid, coltivando odio verso i Palestinesi, anche se bambini o giovani, sia accettata come naturale. Questo regime deve essere ripudiato da tutti coloro che vogliono onestamente la pace nella regione.

Il WPC ha espresso il suo sostegno alla lotta dei prigionieri politici  per la resistenza nazionale contro l’occupazione israeliana e per il diritto all’autodeterminazione. Nella nostra solidarietà per la lotta dei Palestinesi e nel veemente rifiuto delle politiche basate sui crimini di guerra e di crimini contro l’umanità perpetrati quotidianamente, dobbiamo anche richiedere la fine all’impunità goduta dalla leadership sionista nella sua collusione con i poteri imperialisti, specialmente gli USA.

Denunciando trattamenti inumani, violazioni dei loro diritto alla salute, alla difesa legale, alle visite di  familiari,  i prigionieri palestinesi rappresentano l’intera lotta nazionale contro l’oppressione, i massacri e i tentativi di espulsione. La loro protesta è un bollettino d’accusa che rivela le molte  omissioni  ONU nei confronti del popolo Palestinese e la trascuratezza di una promessa fatta ma non mantenuta.

Noi ripeteremo la formula finché non sarà realizzata: per la liberazione dei prigionieri politici, il ritorno dei 5 milioni di rifugiati, per  i confini  impostati precedentemente all’occupazione israeliana dei territori palestinesi del giugno 1967 e Gerusalemme Est come capitale dello Stato della Palestina.
Queste sono le posizioni di principio alle quali il popolo palestinese non rinuncerà. Pertanto noi riaffermiamo la nostra piena solidarietà alla causa della Palestina.

*Socorro Gomes è il presidente del Consiglio Mondiale della Pace.